Nei nostri momenti di incontro con tutti i dipendenti e i collaboratori (pranzi, naturalmente, come potrebbe essere diversamente?) ci ricordiamo sempre che il nostro lavoro non è fatto anzitutto dalla maestria o dalla genialità di qualcuno, ma dalla collaborazione di persone che hanno a cuore altre persone che stanno servendo.
Questo vale anche quando si parla di svantaggio. La persona viene prima delle condizioni - di vantaggio o svantaggio psicofisico - in cui si trova. E il suo valore, anche nel lavoro, non coincide con le sue capacità.
Non sono solo belle frasi. In questi anni di esperienza nel settore ristorativo per noi sono diventate sempre di più evidenze tangibili.
Non c’è handicap, svantaggio o disabilità che possa impedire a una persona che si percepisce accolta e valorizzata di esprimersi, sentirsi realizzata nel lavoro e di dare un contributo alla comunità.
Certo, tutto questo implica anzitutto un accompagnamento e una disponibilità reciproca. E dev’essere condiviso da tutta l’azienda, non solo dagli “esperti”, che pure sono necessari per gestire le varie fasi del processo di inserimento lavorativo. Nel nostro caso l’ufficio sociale di Officina Giotto segue passo passo l’analisi della mansione, la selezione del personale, la ricerca e reclutamento, la formazione, l’accoglienza e il sostegno alla persona.
Al momento attuale le persone con disabilità (fisiche e sensoriali, mentali, detenuti, pazienti in trattamento psichiatrico, persone soggette a dipendenza) assunte dalla cooperativa sono circa 50, impegnate soprattutto in attività di ristorazione e nelle lavorazioni carcerarie.